Caro FUTURO, ho lo sguardo triste lo so. Del resto non ho dovuto fare un grande sforzo per dipingere i miei occhi di malinconia. Metto la mascherina e divento triste, come per un riflesso pavloviano, una sorta di interruttore emozionale che cambia il mio sguardo. Scrivo a te, Signor FUTURO, e il presente non me ne vorrà, proprio perché non è la morte, il contagio o la possibilità di ammalarmi a rendermi così triste. Tutto ciò attiene al mondo della "paura" e non della "tristezza", vive nel presente e non nell'immaginazione di quello che verrà. D'altra parte la paura è un'emozione primaria utile a difenderci, necessaria dalla notte dei tempi per arrivare qui, oggi, vivi e con la stessa pulsione biologica ad assicurare di generazione in generazione la nostra sopravvivenza. La tristezza, invece, è tutta un'altra storia caro Signor FUTURO. Tu lo sai vero? Domanda retorica la mia, certo che lo sai bene. Spesso la tristezza può arrivare anche dal passato con i suoi dolori, traumi e ferite mai rimarginate. In questi giorni però il passato, ed è la prima volta per molti di noi, sembra fonte di una benevole nostalgia, un ricordo chissà quanto lontano di quando tutto era possibile, una memoria di emozioni belle dove, pensa un po’, eravamo addirittura liberi. Come in un imprevedibile quanto sconvolgete cambio di ruoli, il futuro che era il luogo del progresso, della speranza, della redenzione, del riscatto e della possibile realizzazione dei nostri sogni è abitato ora solo dai fantasmi della paura. Il passato, al contrario, stanco di essere accusato di tutti i nostri dolori e fallimenti, si è emancipato, ammantandosi di un’aura di sacralità improvvisamente scagionato da tutte le nostre invettive. Ecco perché scrivo a te Signor FUTURO, proprio a te! Non al presente abitato dalla paura e dalla voglia di sopravvivere. Non al passato che improvvisamente è diventato il rifugio della nostra consolazione. Signor FUTURO veramente hai intenzione di prendere le sembianze di quello che sto vedendo in questi giorni? Non parlo della pandemia destinata come tutte quelle della storia ad esaurirsi. Io ti chiedo Signor FUTURO cosa vuoi fare veramente. Vuoi essere libero dai disegni di chi ci vorrebbe connessi per sempre e permanentemente, felici perché ormai abituati e lobotomizzati, a baciare i volti cari su schermi, ad evitare abbracci per sempre sostituiti dai mille luoghi della socialità virtuale, ad avere maestri di pixel che insegnano con voce metallica e senza corpo, a credere nell’utopia distopica delle relazioni interpersonali solo digitalizzate? Signor FUTURO vuoi essere così profondamente disumano? Ieri ho visto mia figlia giocare attraverso uno schermo con una amichetta ed ho provato orrore. Ho cambiato stanza e ho pianto perché ho intravisto te Signor FUTURO. Però poi penso che tu, il FUTURO, dipenderai da noi tutti. Quindi ti voglio dire con estreme franchezza che almeno io non mi voglio abituare al passante che cambia marciapiede, al vicino che ti guarda sospettoso, all’asfissia non di aria che genera il virus ma di umanità. Spero che neanche per un secondo, nessuno di noi, gioisca di queste “meraviglie” tecnologiche, utili in questa fase solo per limitare i danni ma non per sostituire l’interazione fisica. Noi siamo il FUTURO e tutto dipenderà dal non dimenticare, anche se passeranno mesi, il calore di un abbraccio.
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