La scala mobile continua a scendere nelle viscere di fango, sabbia, pietre, topi, fogne, tubi, cavi, ossa e vermi ciechi divoratori di carcasse interrate. Entro nel treno, trovo uno spazio dove proteggermi dagli altri, e come sempre la sensazione di un tempo rallentato rispetto a quello che scorre in superficie mi percuote le sinapsi. Devo ancora riavermi dai tormenti della notte insonne, colma di incubi alternati a sogni di una vita migliore, e così stordito e privo di lucidità sono costretto a stare in questo budello scavato nelle profondità terrestri. Devo ancora tornare in me dalla tortura di una notte agitata, piena di risvegli e affanni, e così annichilito e scosso, incredibile a dirsi, sono forzato addirittura a viaggiare dentro questo intestino urbano, a bordo di un treno così vecchio da sembrare una scatola di ferro sferragliante di ruote rotolanti montate a caso da un maldestro saldatore. Così messo, come se non bastasse già la pena di dover stare sotto terra come i topi