I capi dell'azienda mi convocano nella sala specchiata, quella riservata agli incontri più importanti del cerimoniale societario. La segretaria del “cerchio magico”, quella che non rivolge neanche una parola a noi umili impiegati, presa com’è tutto il giorno fino a tarda sera, a servire con efficienza teutonica unita ad una bellezza austera il nostro capo dei capi, viene addirittura a prendermi fin dentro al mio cubicolo di vetro pieno di miei simili che, trasecolando con sguardo ebete, assistono impietriti all’inaudita scena. Resto per qualche secondo a cercare negli occhi dei miei colleghi un po’ di “sconforto”, perché già so che non troverei conforto nelle loro pupille vitree, e finalmente riesco a stringere la mano della “dama d’onore” della nostra aristocrazia, alzandomi faticosamente dalla mia seduta che scivola indietro con rumore di rotelle usurate. Non appena sono di fronte al suo pregiato tailleur, si volta con uno scatto nervoso e fulmineo dandomi la schiena, e inizia
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