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Visualizzazione dei post da ottobre, 2023

lo sguardo nel mare

 

farfalla su mollette

 

GLI ULIVI DEL SALENTO

Arrampicati su un tappeto di zolle rosse bollenti, non un avvallamento sulla terra più piatta del mondo. Costretti in file lunghe fino al sole e al mare, gli ulivi ribelli sfidano la simmetria dell'uomo. I tronchi contorti nell'ultima posa beffarda, l'avvitamento di ballerini lignei in volo. Copyright © scritto e fotografato da "martinedenbg"

raggomitolato

 

LA GITA AL PARCO CITTADINO

L'erba generosa del parco cittadino, ferma in mezzo al mare di cemento come macchia di abbagliante verde, nel tetro grigio oceano d'infinito asfalto. Onde di palazzi alte e possenti, si stagliano paurose sull'orizzonte cieco e piccole barche sfidano il periglioso spazio, per un approdo negli alberi e il canto degli uccelli. I padri lanciano l'ancora come naufraghi alla deriva urlando: «terra!».  Le madri tengono stretta al petto la fragile prole e tutto quel tempo trascorso nell'artificio umano, svanisce al primo passo tra i colorati fiori. Il lavoro che è il padre, la produzione che è il figlio e il consumo che è lo spirito santo. Il mantra ora appena riecheggia nelle menti dei fuggitivi, così subitaneamente immersi nel bucolico sentore. L'unica santissima trinità sopravvissuta ai tempi, sparisce al primo iconoclasta scricchiolar di foglia, sotto il piede entusiasta del bambino al primo salto urlante. Così passa la giornata tra giochi, cibo e profumi di arbusti

mare oscuro

 

IL RISVEGLIO KAFKIANO

Alla fine della notte, il lucore dell’alba mi spinge dal sonno alla veglia e dal letto cado giù sul pavimento.  Il mio corpo ancora spiegazzato dalla sindone dell’oscurità, si trascina verso il lavacro mattutino.  L’acqua fredda sulle mie rughe in viso è come ghiaccio gettato in un incendio. L’oblio dei pensieri nascosti nelle insondabili valli oniriche, lentamente scompare e le paure, di colpo ritrovate, cadono come bombe sul mio cervello ancora stordito.   Il viaggio mentale dell’inconscio dormire scompare e “Sua Maestà Signora Coscienza”, feroce nella sua ubiquità, ristabilisce il dominio. L’amnesia sognante del non aver saputo più nulla di me per qualche ora svanisce, anche se solo per un attimo, e al primo sussulto del risveglio mi domando in quali delle tante vite che ho vissuto sono.  Il riposo tormentato lascia posto al tormento dell’uscire, e nel giro di un’ora appena passo dalla privazione sensoriale della solitudine dormiente alla folla dei miei simili. Sono tutti intenti ad

l'altalena sul mare

 

la finestra rossa

 

IL FELICE AGGUATO

Illuminata da fioche luci la vita divenne claustrofobica. C osì si vive quando ti basta restare in vita,  cosi si vive quando cerchi solo la notte. Circondata da pareti di sdegno la vita divenne una strada obbligata. C osì si vive quando ti serve di arrivare al prossimo respiro, c osì si vive quando ti devi inventare ogni volta un motivo. Blindata in una scatola di legno la vita divenne una storia senza storia. C osì si vive quando i piedi calpestano e non camminano,  così si vive quando le mani toccano e non accarezzano. Impermeabile ad ogni gioia la vita divenne un ghigno. C osì si vive quando continui a calpestare il suolo del disincanto,  così si vive quando procedi solo verso il prossimo inciampo. Eppure basterebbe camminare all'indietro,  guardando l'abisso allontanarsi e  ritrovando la follia del bambino che prende le scale mobili al contrario. Basterebbe solo far andare i piedi dove non abita lo sguardo,  andando incontro ad un abbraccio  che ti coglierà alle spalle,  c

il viaggio immaginato

 

ANIMA DI VETRO

Avevo un'anima di vetro e questo lo sapevo,  fragile e trasparente,  dovevo stare attento.  Avevo un'anima che mi scaldava il cuore,  come una lente sotto il raggio del sole,  bruciavo d'amore senza ignifughe certezze. Avevo un'anima che ci si poteva guadare attraverso,  sempre in bilico tra sentieri scoscesi,  osando arrivare in cima alla montagna della sincerità. Avevo un'anima che i poveri ci dormivano dentro,  riparandosi sotto un tetto di verità dalla pioggia del comune disprezzo,  tutti dentro di me a guardare le stelle  come dai vetri delle finestre d'inverno, Avevo un'anima di vetro e  questo lo sapevo, f ragile e trasparente e  dovevo stare attento ma qualcuno ci ha  scagliato un sasso, e la mia anima si è infranta,  urlando di dolore è uscita dal petto.  Avevo un anima di vetro e l 'ho vista cadere in mezzo a un prato incolto,  dove ormai non cresce più niente. Copyright © scritto e fotografato da "martinedenbg".

planando sull'acqua

 

LA GRANDE GUERRA

Volle affrontare il più grande dolore,  il lutto più straziante  quello della persona morta e ancora in vita.  Volle combattere i mille fantasmi che l’accerchiarono,  torturatori impalpabili,  sadici incorporei che da quel giorno affollarono la sua mente. Volle strenuamente resistere all’odio,  al cieco furore e  alla rabbia pura. Volle perfino negare l’atavico istinto a restituire il dolore,  il primordiale richiamo ad affogare l’offesa nel sangue,  ad impregnare di lacrime dell’usurpatore la terra che fu costretto a lasciare. Volle sposare il perdono  perché tutta la vita si era preparato a chinare il capo di fronte al suo carnefice,  perché per giorni, mesi, anni aveva studiato alla scuola della pietà. Volle in quel modo mantenersi integro,  lasciarsi intatto e  fare l’amore con la vita fecondando il cielo.  Volle soprattutto continuare a divenire migliore,  ad alimentarsi di quell’estrema sofferenza per innalzare il suo spirito e  a cibarsi di ogni singolo atomo di dolore senza alc

rami nella nebbia

 

TUTTO E' ACCADUTO IMPROVVISAMENTE

Tutto è accaduto improvvisamente,  giocavo per strada insieme agli altri bambini e  i nostri giochi eravamo noi. T utto è accaduto velocemente,  scrivevo lettere d’amore sulla carta decorata, e  le mie parole restavano a dormire nel cassetto di una ragazzina. T utto è accaduto inesorabilmente, p ensavo di studiare solo per passione e  il sapere scaldava la mia anima. T utto è accaduto irreversibilmente,  m’innamoravo ed era per sempre e  senza paura donavo il mio cuore. T utto è accaduto non riesco a ricordare in quanto tempo,  giuro,  ho mollato solo per un attimo,  mi sono steso a terra ho fatto  qualche respiro profondo con gli occhi chiusi. P oi, dopo un minuto, ma devono essere passati anni,  ho guardato in alto e ho visto la resa:  bandiere bianche alle finestre e  i rossi drappi giacciono in cantina! Copyright © scritto e fotografato da "martinedenbg".

pietà a mano armata

 

UNA POESIA SUGLI ACCENTI: IL PERDONO

Il perdono è una cosa seria, molti si perdono nel rancore e per dono vorrei una carezza dalla tua mano ferita. Il perdono è la vera sfida, tutti perdono tempo a scappare e per dono vorrei gambe veloci per corrervi dietro. Il perdono è un macigno quando non c’è, alcuni perdono il senno schiacciati lì sotto e per dono vorrei la forza per sollevare quel peso. Il perdono è un balzo nel nulla, tanti corpi che perdono quota e per dono vi farei spuntare le ali. Ma io chiedo perdono, perché non perdono, e così perdono tutti, finché non riceverò quel dono: il perdono! Copyright © scritto e fotografato da "martiendenbg".

la sposa sorvegliata

 

fermo

 

LIQUIDI

Vieni concepito da liquidi e in un liquido ti formi. Annuncia la nascita uno scroscio liquido e liquido è il primo nutrimento. Dalla pioggia fuggi ma non se stai bruciando d'amore, al primo bacio in un giorno di burrasca non cercherai riparo. Copyright © scritto e fotografato da "martinedenbg".

VOLEVO ESSERE SOLO UN UOMO

V olevo essere solo un uomo,  sono il lupo della steppa nell'inverno più lungo di sempre. Vo levo essere solo un uomo,  sono gli occhi di bestia che vedono nel buio di una notte senza luna. V olevo essere solo un uomo,  sono zampe sanguinanti che avanzano tra i rovi. V olevo essere solo un uomo,  sono il mio affanno che sale nel freddo verso il cielo in una nuvola bianca. V olevo essere solo un uomo,  sono l'odore delle case degli uomini che mi respinge ai bordi del villaggio. V olevo essere solo un uomo,  sono istinto di sopravvivenza e denti marci. V olevo essere solo un uomo,  sparisco nella notte stellata,  correndo verso la mia tana  come uno spettro che un bambino ha immaginato di vedere. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

CARO FUTURO (lettera al futuro scritta ai tempi del lockdown - marzo 2020)

Caro FUTURO,  ho lo sguardo triste lo so.  Del resto non ho dovuto fare un grande sforzo per dipingere i miei occhi di malinconia.  Metto la mascherina e divento triste, come per un riflesso pavloviano, una sorta di interruttore emozionale che cambia il mio sguardo.  Scrivo a te, Signor FUTURO, e il presente non me ne vorrà, proprio perché non è la morte, il contagio o la possibilità di ammalarmi a rendermi così triste. Tutto ciò attiene al mondo della "paura" e non della "tristezza", vive nel presente e non nell'immaginazione di quello che verrà.  D'altra parte la paura è un'emozione primaria utile a difenderci, necessaria dalla notte dei tempi per arrivare qui, oggi, vivi e con la stessa pulsione biologica ad assicurare di generazione in generazione la nostra sopravvivenza.  La tristezza, invece, è tutta un'altra storia caro Signor FUTURO. Tu lo sai vero? Domanda retorica la mia, certo che lo sai bene.  Spesso la tristezza può arrivare anche dal pa

VANA ILLUSIONE

Il nemico più pericoloso appare nella mente: la gratificazione, l'accomodarsi soddisfatti accanto ad un respiro che non hai scelto. L'assassino più feroce comincia a sussurrare: la serenità di aver fatto tutto bene, il plauso della tradizione. L'orrore quotidiano del compromesso è un assedio che ti culla: la pacca sulla spalla del padrone che hai servito, stare al sicuro. L'anestetico scorre nelle vene: la cella che ti sei comprato, catene di debito. Il veleno instillato goccia a goccia: la prigione dove hai lavorato, se ubbidisci niente isolamento. Il sedativo andirivieni da una gabbia all’altra: dal catechismo hai imparato solo l’ipocrisia e non hai più pietà all’ingrigire dei capelli. La progenie di anima pura che hai generato, per spargere nel mondo cloni migliori: vana illusione perché il mondo non l'hai cambiato! Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

IL NAUFRAGO

I suoi amori erano tutti naufragati.  In mezzo al vasto oceano si trovò accerchiato da mille squali.  Stremato si lasciò andare negli abissi.  Mentre ingoiava acqua e sale si consolava pensando al letto di alghe dove si sarebbe adagiato per sempre.  Precipitando nel vuoto liquido si abbandonò all'ultimo pensiero.  Un'immagine di due vecchi innamorati accompagnò l'ultimo battito del cuore. Copyright © scritto e fotografato da "martinedenbg".

BADANTI

Donne assistono i nostri vecchi e le chiamano badanti.  Sono venute da altri mondi lasciando figli bambini e i loro genitori vecchi che non sono badati da nessuno, si prendono cura dei nipoti.  I figli dei nostri vecchi sono molto impegnati. Devono lavorare duramente tutta la settimana. Il sabato hanno bisogno di distrarsi e insieme ai figli affollano il centro commerciale.  La domenica puoi trovare vecchi e badanti intenti ad ammirare i figli di altri vecchi che corrono forsennatamente per non diventare vecchi.  Intanto dall'altra parte del mondo, i figli della donna che bada, camminano tutte le mattine per ore sollevando polvere e terra. Devono arrivare ad una scuola lontanissima.  I figli della donna che bada vanno a scuola con le pensioni dei vecchi badati.  I figli dei vecchi badati corrono nello smog del parco cittadino per mantenersi in forma. I nipoti dei vecchi badati mangiano schifezze affossati nei salotti diventando obesi. I figli della donna che bada camminano tra lo s

PANNI STESI

Non c'è un santo da pregare né una contrada da onorare, oscillando al vento adornano la strada i panni stesi come il giorno di un festa. Non c'è un anniversario da ricordare né una sagra da apparecchiare, scaldandosi al sole adornano la strada i panni stesi come se fosse il giorno di un festa. Non c'è una vittoria da celebrare né una rivoluzione da colorare, raffreddandosi all'ombra adornano la strada i panni stesi come se fosse il giorno di una festa, coprendola di un tetto variopinto, puntellando il cielo di un cangiante caleidoscopio di forme umane. I panni stesi stanno lì a santificare il filo che corre da una casa all'altra, una corda vera che fa parlare le persone. Copyright © scritto e fotografato da "martinedenbg".

IL SENZA TETTO

Sono qui, da solo, ore, giorni, mesi, anni e per sempre. Non so da quanto, non ricordo, forse un giorno ho bevuto una pozione magica e diventai invisibile. Muto ma con la voce, cieco ma con gli occhi, paralizzato ma con le gambe, atterrito, annichilito, cacciato in una bolla invisibile, ostracizzato dalle regole, buttato in una cella senza sbarre. Reo di nulla, innocente per tutto, assolto da nessuno, redento senza una benedizione, vivente privato dell'estrema unzione, monito per i passanti, orrore dei benpensanti. Ologramma con l'odore, un fantasma che prova dolore, il peggiore di tutti gli angeli, il migliore di tutti i diavoli, il disperso più visibile in una tempesta, smaterializzato mentre gli atri facevano festa. Nido per i pidocchi sulla mia testa, il caldo mefitico che sale dal sottosuolo, il calcio in faccia nella notte del poco di buono. Copyright © scritto e fotografato da "martinedenbg".

I PENSIERI CADUTI

Le strade che percorro, i luoghi che respiro, sono colmi di piccole croci,  marmi bianchi allineati come nei cimiteri militari. Era l’esercito dei miei pensieri massacrato in battaglia. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

LA CELLA

Schiavi senza rumore di metallo trascinato, attaccano l'anima ogni giorno al bip bip di una striscia nera magnetica. Suona la cella che chiamano lavoro, suona la cella che chiamano libertà. Figli di operai e di artigiani, nipoti di contadini, lontani discendenti di oppressi sporchi di terra e sterco bovino, marciano nella cella che chiamano lavoro, marciano nella cella che chiamano libertà. Figli di uomini e donne che indossavano l'orgoglio dell'origine, nipoti di gente china sulla fatica sotto il peso della minaccia, pronipoti di servi ubbidienti ma con la scintilla del disprezzo negli occhi, elemosinano nella cella che chiamano lavoro, vagano sperduti nella cella che chiamano libertà. Non un solo lamento di quegli avi sveglia il loro incedere, non una scintilla di odio illumina i loro occhi, non una sola lacrima li rende umani, non un’eco lontana delle urla della fame scuote la loro ipnosi. Laboriosi saltellano nella cella che chiamano lavoro, felici e inebetiti dormono n

4 FEBBRAIO 2012 - LA NEVE A ROMA E LA FINE DI UN AMORE

Salivi le scale verso una nova vita, ogni gradino un colpo al cuore, perdevi piume dalle ali leggera come la leggerezza che mi conquistò. Ogni gradino una crepa nell’anima, vedevo solo la suola della scarpa agitarsi sospesa nell’aria. Ricordo una notte di furore, io lottavo contro lo spettro dell'abbandono e tu, con certezza assassina, eri già arrivata nella tana del diavolo. Arrivò la neve a spegnere il fuoco dell’inferno, il ghiaccio uccise ogni speranza, la capacità di amare congelata sotto il manto bianco. La mattina c'era una Roma deserta e raggiante, con quel vestito da sposa candido di neve. Io ero già morto, col mio nero vestito del lutto sembravo solo una macchia su tutto quello splendore.    Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

LA RAGAZZA CHE RIDEVA DI UNA PAZZA

Ridi ridi ragazza, ascoltando gli sproloqui di una vecchia pazza, le tue lacrime per ora sono solo di stupore dopo che hai fatto l'amore. Ridi ridi ragazza, ascoltando le urla di una vecchia pazza, le tue rosee gote presto sfioriranno, all'ennesimo affanno come al reiterato inganno. Ridi ridi ragazza, ascoltando le storie di una vecchia pazza, le tue certezze cadranno una ad una ogni anno. Ridi ridi ragazza, ascoltando il dolore di una vecchia pazza, ma resta felice sei assolta, e non importa, perché non ci sei neanche andata vicino al suo folle destino. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

RITMO CIRCADIANO

Alla fine di una faticosa discesa, dal sonno alla veglia dal letto al pavimento, dalla strada al sottosuolo precipitando nel ruolo della farsa, caracollando nel dolore del reiterato gesto, dentro di me l’eco nefasta dei tormenti notturni. Alla fine di una faticosa salita, dalla veglia al sonno, dal sottosuolo alla strada, dal pavimento al letto, gettando la maschera della recita, precipitando nel terrore del sincero inconscio, dentro di me l'eco nefasta dei tormenti diurni. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

VECCHI TECNOLOGICI

C on testa canuta specchi le rughe nei pixel, pensavo fossi immune dal giogo di saper usare l'incomunicabilità. Eppure hai solchi nel viso belli, grandi e pieni di storia. Perché metti tra te e il mondo solo rintocchi di blin tlin e vibrazioni di brrrrrrr trrrrrr, come un qualsiasi uomo del tempo? Non senti l'inudibile eppur lacerante rumore dell'onniconnessione? Un tempo eri il vecchio, quello che viveva da troppo tempo e raccontavi le storie di un tempo, con la voce e le parole di altri tempi, sapendo perdere tempo perché per ogni cosa c'era un tempo. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

X

Potevi essere sincera, tutto quello che desideravi era un soldatino da riporre sulla mensola della cucina. Allora perché bruciare di passione nei miei abbracci colmi di tormenti, invaghirti del mio vivere ai margini. Lo sapevi che ero un volontario nell'esercito dei disadattati! Volevi correre incontro ad una cravatta svolazzante, verso l'ora di cena, avvolta dai vapori della cucina? Aspiravi a ripercorrere il solco della tradizione condotta da una mano concreta, accompagnata da gambe che non si fanno domande? L'età ti ha già fatta reazionaria? I sogni hanno lasciato spazio ai bisogni? Dietro la mia porta solo poesia e tutto l'idealismo del mondo. Una X è il monito per allontanare quelle come te. Copyright © scritto e fotografato da "martiedenbg".

LA TERRA DEI SENZA SENSI SENZA UN SENSO

Vide solo bianco! All'improvviso niente più colori, neanche il nero ad occhi chiusi, solo bianco. I sogni erano un tuffo da un cielo plumbeo fin dentro la spuma delle onde in tempesta. Catapultato in un batter di ciglia nella terra dei senza sensi senza un senso, dove vagavano tutti smarriti e caracollanti incespicando sui passi che non sembravano toccare terra. Bianco nelle palpebre in un silenzio bianco perché non c'era udito in quel mondo. Bianco nelle pupille in assenza di pelle perché non c’era tatto in quel posto. Bianco nella lingua anch’essa bianca perché non c’era il gusto in quella dimensione. Bianco nell’anima priva di colori come di emozioni solo bianche, in una tela mai dipinta perché non c’erano che battiti di cuore attutiti da una bianca gabbia di neve. Così visse nella terra dei “senza sensi senza un senso”, di giorno camminando sugli eterni ghiacci. Così visse nella terra dei “senza sensi senza un senso”, di notte vegliando sulla tomba del suo sonno perpetuo. C

L'ESILIO

Stanco di pietire al suo destino il rientro dall’esilio, restò nel paese dei senza amore. Indossò un altro maglione per continuare a vagare in quella nebbia così fredda. Camminò avanti e indietro lungo il confine fermandosi ogni tanto per riposare, aggrappato con le mani strette e sanguinanti al filo spinato, osservando per sempre le vite degli altri. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

LE GUERRE DEGLI ALTRI

Prova a immaginare il suono felice delle forchette sui piatti, la tavola apparecchiata con amore e il vapore profumato del cibo che si diffonde nella stanza.  Prova a immaginare il caldo abbraccio delle persone che ami sedute accanto a te, sorridenti, bellissime di giovinezza e radiose di vecchiaia.  I tuoi genitori che hai imparato a perdonare e i figli, piccoli maestri di felicità, con le gambe dondolanti che non toccano ancora il pavimento.  Prova a immaginare te, ora, nell'età di mezzo, dove non sei vecchio né giovane, un ponte tra chi hai e ti ha generato dove passano tutti i ricordi, come piccoli viandanti in fila per superare la valle dei rimpianti.  Sei lì seduto a mangiare e guardi le tue radici dai capelli bianchi, perso nel passato. Poi, spostando lo sguardo di qualche centimetro, osservi i frutti della tua passione, smarrito nel futuro dell'imprevedibile.  Sei il tronco dell'albero ben piantato sulla terra ma lo sai, è solo questione di tempo, e perderai le tue

LO SBADIGLIO DEL BECCHINO STANCO

Che senso ha una vita senza errori, una persona è un romanzo dall’epilogo certo,  decomposto sotto terra o ridotto in cenere in un forno. Che senso ha sparire in una nube di fumo senza aver osato, nutrire i vermi di spoglie oneste e carni pure quando alla fine tutti saremo solo quell’animale sotterraneo, cieco, grosso e feroce che ha divorato tutti gli altri. Saremo solo la fiammata di un corpo vecchio arrostito, un nome sul marmo, una foto sul muro, l’ultima badilata di terra sulla fossa, la spatola che cementa il mattone e lo sbadiglio di un becchino stanco. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

POESIE CHIMICHE: C8H17NO2 (scritto tratto da "Poesie Chimiche" C8H17NO2 è la formula di struttura del farmaco Pregabalin, commercializzato con il marchio Lyrica)

Appena sveglio pregabalin prego pregabalin, C8H17NO2 recito ispirato il padre nostro della mia chiesa. In ginocchio all’altare della chimica, le mani giunte, il prete mi porge 150 milligrammi di pace sulla lingua. Amen rispondo grato e assuefatto. Lo stetoscopio dondola nell’aria come aspersorio e dallo stomaco sale un’onda fino al cervello. Cammino sulle molle rotte di materassi abbandonati, veleggio sui tremori spenti, è la pillola di chi ha perso un pezzo: sindrome dell’arto fantasma. Penso a chi è andato via per sempre, non sento più nulla, pregabalin prego pregabalin C8H17NO2 recito ispirato e non ho più paura dei fantasmi, fino alla prossima preghiera. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

SCRIVANIE INCUBATRICI

In ufficio dietro le scrivanie giacciono, sono bambini lamentosi e solo io vedo un seggiolone sotto i loro lombi flaccidi. In ufficio dietro le scrivanie lentamente muoiono, sono neonati prematuri scaldati dalla luce di un monitor e solo io vedo un ciuccio nelle loro bocche infette. In ufficio dietro le scrivanie invecchiano, sono lattanti che digitano su quadratini plastici ticchettanti e solo io vedo la miseria del loro attaccamento alla vita. In ufficio anche io sto, mi sforzo di essere infelice ingoiando il veleno della carta. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

ORIZZONTE ASSASSINATO

Orizzonte assassinato manca e muore il sacro, e guarisce la follia dell’esploratore. Il suo sguardo ormai s’infrange sui muri e più non si sperde, lontano, nel misterioso infinito. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

IL CORPO NEL TEMPO

Fu il tempo del corpo merce, corporeità agglomerata, carnalità concentrata, moneta spremuta da umane membra, fatica dei tanti e ricchezza di pochi. Tutto al ritmo della macchina fabbrica, da miliardi di tasche sudate, corpi su corpi ovunque, braccia e nuvole di terra, mani e miasmi di fabbrica, cubicoli di cemento riempiti da respiri domestici e molle di materassi cigolanti nel fugace piacere notturno. La penna del bottegaio raglia sul libro nero dei crediti, la puntina solca il vinile per la musica  della domenica e l’odore della cera sui pavimenti si sparge nel giorno della festa. Fu poi il tempo del corpo immagine, corporeità ostentata, carnalità brandizzata, moneta spremuta dal logo sui tessuti, fatica dei tanti nelle periferie del mondo e ricchezza di pochi nelle capitali dell'Impero d'occidente.  Al ritmo della macchina che cuce, in sotterranei insalubri le formiche alacri costruiscono membrane tessuti, che navigheranno gli oceani per trasformare l’umano in pubblicitario

PREPARATI

Preparati a divenire intangibile, come le merci che dovrai comprare. Preparati a divenire immateriale, come le relazioni che potrai avere. Preparati a incarnare lo spirito del tempo, come le idee che non riuscirai a concepire. Preparati a marcire nel cablaggio globale, come il solitario contar di passi dentro uno schermo. Preparati a dimenticare l'umanità di uno sguardo, come il cieco guardare una finestra murata. Preparati a chiamare vita il solo respiro di un corpo, come la tecnica assassina il pensiero. Preparati a rinunciare ad ogni spiritualità, nudo di ideali e vestito di sola ragione, come l'algoritmo che verrà ad uccidere Dio. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

METAVERSO

Verso la meta del metaverso, avanti alacri costruttori del mondo!  Scisso umano e avatar, corpo chiuso e recluso, doppio digitale libero e agente,  dimensione del controllo totale. Impronte ovunque, arresteranno il tuo clone.  Sbarre di codici, residuo biologico atrofizzato. Su tutti i tuoi schermi apparirà "il suo avatar è sospeso per sfiducia nella nostra meravigliosa vita digitale, è pregato di recarsi nel nostro centro di rieducazione più vicino".  Così ti aggirerai aggirerai ciondolante, col tuo corpo disconnesso fuori dal loculo cablato, nel deserto fuori dal Metaverso. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg.

LO STUPORE DI UNA FIGLIA

Il tuo stupore per lo spuntar di un fiore, la tua meraviglia, il tuo correre nel primo tiepido sole. Dovrei insegnarti la vita solo perché ti chiami figlia? È la natura che invece mia maestra ti vuole! Quando mi ricordi il mutar di una stagione. Quando mi chiedi perché dopo il giorno viene la notte e dopo ancora il giorno. Quando vedi i cavalli alati nel cielo. Copyright © scritto e fotografato da "martiedenbg".

FUORI!

Fuori dal vostro asfittico concerto di parole morte, fuori dai vostri teatrini di finti combattimenti ideologici governati dai plutocrati sacerdoti del postumano, fuori dal conformismo servo e miserabile della maggioranza che un tempo si definiva “l'indifferenza” delle masse plaudenti all’ignominia, fuori dalla fogna della vostra modernità che non è mai progresso ma solo il trionfo del reazionario moto della storia contraffatta, fuori dal regno dei fantasmi animati dal sibilo mortale della tecnica unica e sola divinità concepita dai creatori dei nuovi mondi intangibili dove vagare senza spazio e tempo, fuori dalla maledetta cupidigia degli odierni padroni senza eserciti ma armati di dati e dati e dati e con quelli fanno la guerra totale all’umanità addormentata nel loro server e facile preda dell’amnesia di sé, fuori dai tribunali della santa inquisizione globalista che brucia non più corpi ma idee e condanna al confino nella terra degli inascoltati tutti i non entusiasti cantori d

POESIA TRISTE DEL COMPAGNO X

Il compagno X è stato deportato nel metaverso. Un tempo le sue bandiere erano rosse. Agitate nel vento dell’ennesimo autunno caldo, garrivano orgogliose nel fumo dei lacrimogeni Il compagno X è stato deportato nel metaverso, ora le sue bandiere sono sbiadite, agitate nel mondo di Mark sono solo emoticon e i padroni ridono guardandolo ruggire come il leone del circo saltare nel cerchio. Il compagno X è stato deportato nel metaverso, ora le sue bandiere sono cimeli rattoppati, agitate nel mondo di Jeff sono solo stracci utili a polverar il pacco portato dal fattorino schiavo dell'app. Il compagno X è stato deportato nel metaverso, ora le sue bandiere le vendono al mercatino, inchiodate sui muri di un loft, accolgono lo stupore degli invitati a cena dal ricco progressista.  Il compagno X è stato deportato nel metaverso, ora le sue bandiere sono finite in cantina, sepolte le rosicchiano i topi, presto finiranno in discarica finché vi saranno rifiuti da smaltire. Il compagno X è stato d