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DEVIAZIONE (2) LA PRIMA NOTTE

Il manto nero della notte copriva il bosco ai margini della città. Tutto sprofondava nell’oscurità umida e fredda, spugnosa e adesiva, adagiata sugli alberi, i rami, l’erba, la terra, le piume dei volatili notturni e i manti fulvi delle volpi.

I cinghiali intenti a cercare il cibo, grufolando tra le piante spinose, le più inaccessibili agli altri, emettevano grugniti che in quel silenzio parevano ruggiti di grossi felini.

La pelle, come tutto ciò che lo circondava, indossava quell’involucro d’invisibile rugiada e solo un vestito di freddo bagnato la ricopriva.

Il corpo nudo e tremante, reclamava gli abiti lasciati sul confine tra il mondo che aveva conosciuto e l’ignoto, quell’ultimo lembo d’asfalto da dove si era lanciato in un tuffo orizzontale nell’acqua verde del bosco.

E proprio come nel tuffo si cambia improvvisamente elemento, dall’aria all’acqua in un istante, precipitando dal vuoto al pieno liquido che tutto avvolge, in lui era dominante l’impressione di aver mutato ambiente e di essere entrato in una dimensione aliena all’organismo metropolitano.

Un uccello in una scatola di scarpe, un delfino spiaggiato, una tigre nella gabbia del camion di un circo in una stazione di servizio. Così si sentiva in quella natura paradossalmente innaturale.

Era un invasore smarrito, un esploratore senza bussola e quindi direzione, un corpo estraneo in tutto quell’esplodere di fango, foglie e odore di piante ovunque.

Tutto questo senso di smarrimento nel trovarsi al centro della notte così solo, nudo, atterrito dall’ambiente che lui, ingenuo cittadino pensava dormiente, come lo sono le persone a quell’ora, non poteva nulla contro l’automatismo del compimento della sua deviazione.

La notte lì non dormiva affatto e quel buio era vivo di versi animali.

La notte lì non era l’oblio di un letto caldo come nel mondo che aveva abbandonato perché il respiro delle piante segnava il ritmo del tempo.

Il freddo, la paura, il terrore di trovarsi in quel fitto di un bosco vivo, erano emozioni trasportate da onde che finivano per infrangersi e dunque sparire, sugli scogli della determinazione automatica e incosciente del suo voler stare lì e non tornare più indietro. 

Mai più!



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