Passa ai contenuti principali

DEVIAZIONE (3) IL PRIMO GIORNO

 Il lento dissolversi della notte lasciava il passo alla luce dorata del crepuscolo mattutino. 

L’orizzonte si dipingeva di raggi solari timidi, fari vacui che dal basso salivano incerti ad annunciare il nuovo giorno.

L’umidità adagiata e galleggiante sul basso, a quei primi vagiti di sole saliva in banchi di nebbia, scivolando lungo i tronchi e poi sulle chiome degli alberi fino a scomparire nella libera e vasta aria del cielo.

Il giorno, a differenza degli altri giorni della sua vita, quel giorno diverso da tutti gli altri, era un invito a stendersi e non il solito monito a scattare in piedi, lanciato da una fionda crudele chiamata dovere, in una corsa a tappe lungo la solita “via crucis” quotidiana.

Parimenti, la notte passata a muoversi nervoso tra l’alieno buio dell’aria libera da tetti umani, era trascorsa nel moto contrario: non dormiente ma sveglio e senza l’onirica consolazione di essere un altro, condizione che sovente l’inconscio regala nel sonno di un uomo qualunque.

Era dunque un gioco degli opposti in ritmi rovesciati, con l’istinto capovolto a renderlo animale notturno e i sensi, prima acuiti dalle tenebre, a cedere ora sotto i colpi abbaglianti della luce mattutina.

La testa, in quel ciondolare rassegnato, si volgeva sul lato del sentiero portando lo sguardo su dirupi inospitali, discese inaccessibili, cadute verticali su piante spinose e schianti di ossa su rocce puntute. 

Vagava in un deserto verdeggiante assetato di riposo, alla ricerca di un qualche rifugio per buttare in terra il sacco stanco del suo essere. 

Mentre i passi si facevano sempre più deboli, e ogni poggiar di piede più doloroso, sul fondo dell’ennesima scarpata un letto di foglie autunnali gli appariva come il miraggio di un giaciglio perfetto.

La ragione valutava il pericolo ma il suo corpo, abbandonando la mente in cima al sentiero, già discendeva nella depressione del terreno con inaspettata energia. 

Le radici così grandi e robuste, poste lungo tutta la parete verticale del fosso, lo conducevano in basso come una scala naturale perfetta. L’ultimo balzo e i piedi affondarono nel morbido pavimento di foglie scricchiolanti.

In quella stanza naturale, sotterranea e circolare di pareti rocciose, vi erano tre alberi posti al centro con spessi tronchi svettanti d’intricate chiome. 

Il corpo nudo affondava ora nel morbido pavimento di fogliame caduto, e gli occhi miravano alla volta della sua nuova dimora: un bellissimo tetto di rami a ricamare il cielo.    

Lo sguardo, divenendo quello di un bambino, giocava con le forme immaginarie delle nuvole trapuntate di rami, inventando e cogliendo animali, forme umane, oggetti e altri interi mondi fantastici. 

Perso in questo gioco, la veglia apriva la porta al mondo del sonno.

L’addormentamento era già cominciato e i muscoli si rilassarono così che le membra, affondando in quel humus ospitale, si coprirono in parte di un vestito di foglie. 

Dormiva ormai di un sonno profondo quando i raggi del sole entrarono fin nel fondo della stanza naturale, scaldandola e asciugandola dall’umidità notturna.

Il suo giaciglio era un caldo letto di foglie.



Copyright © scritto da martinedenbg




Commenti

Post popolari in questo blog

Lampioni

 

ORIZZONTE ASSASSINATO

  Orizzonte assassinato non c’è più muore il sacro la ricerca di Dio s’infrange su miliardi di muri razionali. Orizzonte assassinato non c’è più muore l’impeto della scoperta  la follia dell’esploratore si schianta su mura sorte in mezzo al mare. Orizzonte assassinato non c’è più muore l’ispirazione dei poeti la febbre di scrivere versi si spezza su mura inoculate nei cuori. Orizzonte assassinato non c’è più muore l’idealismo del rivoluzionario la rabbia di cambiare il mondo si abbatte su mura costruite fin dentro le menti. Orizzonte assassinato non c’è più lo sguardo s’infrange sui muri barriere di cemento prigioni di pixel  muore l’immaginazione e con essa l’amore  in questo nuovo mondo di nulla. Orizzonte assassinato e l’umano con lui è morente perché i suoi occhi più non si perdono nel misterioso infinito. Copyright © scritto da martinedenbg

Bastano un paio di ali per non temere il filo spinato.