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LETTERA AD UN AMICO

Noi Amico mio Fratello Il cielo è scuro  Ora Lo so  Dentro ci abita quell'uomo vecchio I nostri padri morenti  Dentro ci abita quell'uomo giovane  I nostri padri viventi  Noi Amico mio Fratello Il cielo è scuro  Ora Lo so  Dentro ci abita un giovane vecchio  Un padre nel fulgore degli anni che si allontana di spalle  Poi  Si volta Da un viso rugoso ci saluta per sempre  Noi Amico mio Fratello Il cielo è scuro  Ora Lo so  Dentro ci abita un demone  La fine delle nostre storie  Un cuore che balbetta  Un buco nel petto da dove cadono gli anni  Noi Amico mio Fratello Il cielo è scuro  Ora Lo so  Dentro ci abita il lutto del disincanto  Noi insieme giovani  Felici  Immortali  Forti Impavidi  Incoscienti Col senso di colpa sotto le scarpe Irresponsabili  Temerari  Idealisti  Strappavamo le regole Noi Amico mio Fratello Il cielo è scuro  Ora Lo so  Ma...
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INCHIOSTRO 1

  Ho l’anima sporca d’inchiostro del polpo onnisciente   che era Dio travisato nascosto negli abissi marini. Mi tuffai nel profondo di me ripiegato nel liquido corpo nuotai verso il basso per viver capendo. Non andai verso l’alto  di angeli falsi ne avevo visti abbastanza scavai un tunnel nel mare per affogare sapendo. Giunsi sul fondo non c’era più acqua in una casa di rocce il teriomorfo sedeva sul trono. Un tentacolo abnorme  mi rispedì in superficie  tra le onde ero vivo per volere divino. Copyright © scritto da martinedenbg.

SOLDATO DESTINO

  Abbandonare tutto arrendersi mani in alto  occhi chini fucile puntato in faccia colpo in canna soldato destino a te m’inchino. Attendere morte prepararsi all’oblio sperare  sparire  disperare   pietire respiro il fango dei tuoi stivali.   Vedere la fine sospirare il perdono     clemenza  indulgenza  misericordia preghiera sento l’odore del tuo rigore. Ascoltare lo sparo paura scompare ti guardo negli occhi ho un buco in fronte cado in avanti sangue zampilla soldato destino perché piangi? Copyright © scritto da martinedenbg.

Al di là

 

La porta antica

 

La riflessione

 

LA CADUTA DEL TEMPO

 Il tempo è caduto dalle tasche dei miei pantaloni consunti lancette di orologi antichi sono ferme sull’ora fatale il vento del nuovo ha strappato le anime ai corpi restano marionette con cellule elettriche vagano nei campi dell’illusione digitale spersi nella solitudine di strade vuote ricolme di stracci indossano il manto dell’invisibilità fino a divenire spettri a sé stessi. Il tempo è caduto dalle crepe del mio cuore invecchiato utopisti assassinati dal dogma dell’io giacciono nelle tombe del noi la tempesta del nuovo mondo ha bruciato l’idea  restano fantasmi digitali vagano con occhi secchi e gole riarse impazziti perché non riescono a piangere ridono di dolore rauco e tagliente. Il tempo è caduto dai giorni vani passati a credere nel mio credo ideali esplosi dal trionfo del mercimonio di ogni gesto la tormenta del contemporaneo ha spazzato via i libri dei sognatori restano innocui agitatori  corrono come topi in trappola  rivendicano il nulla parole vane urlat...

Borgo toscano

 

AL PADRE

 Padre, dove sei ora? Ricordo il tuo odore ma i tuoi passi camminano nel silenzio.  In aria rarefatta mulinano le tue braccia e non riescono a toccarmi. Non capisco la lingua dei morti.  Questo è il grande mistero? Parole che non sento giungono dall'eternità. Io sono solo un mortale e non capisco. Ricordo tutto Padre ma dove sei ora? Io non lo so! Ora so che eri meglio di me. Copyright © scritto da martinedenbg.

Lampioni

 

Bastano un paio di ali per non temere il filo spinato.

 

ORIZZONTE ASSASSINATO

  Orizzonte assassinato non c’è più muore il sacro la ricerca di Dio s’infrange su miliardi di muri razionali. Orizzonte assassinato non c’è più muore l’impeto della scoperta  la follia dell’esploratore si schianta su mura sorte in mezzo al mare. Orizzonte assassinato non c’è più muore l’ispirazione dei poeti la febbre di scrivere versi si spezza su mura inoculate nei cuori. Orizzonte assassinato non c’è più muore l’idealismo del rivoluzionario la rabbia di cambiare il mondo si abbatte su mura costruite fin dentro le menti. Orizzonte assassinato non c’è più lo sguardo s’infrange sui muri barriere di cemento prigioni di pixel  muore l’immaginazione e con essa l’amore  in questo nuovo mondo di nulla. Orizzonte assassinato e l’umano con lui è morente perché i suoi occhi più non si perdono nel misterioso infinito. Copyright © scritto da martinedenbg

Monumento a Giordano Bruno.

 

EMOTIWORLD

  Parole sotterrate nelle discariche dei dizionari agonia di significati coma di idee oblio di pensiero scrittura vietata pena rieducazione digitale lettura dimenticata dalle nuove generazioni  solo vecchi nascosti ad incollare pagine strappate di antichi racconti contrazione di ragionamenti per comunicazioni veloci neo lingua d’ideogrammi concepiti per scherzo presi sul serio la farsa si fa tragedia la parola estinta perché troppo lenta  la parola estinta perché sovversiva la parola assassinata da simboli per bambini hanno iniziato con una innocua faccina  poi  emoticon su emoticon hanno creato una lingua muta che passa veloce da schermo a schermo e viaggia attraversando i muri dei cubicoli cablati dove tutti vivono soli l’amore abolito nessuno ricorda il calore degli abbracci  nessuno ricorda la passione degli amanti nessuno ricorda lo stare con l’altro e nell’altro la voce è inutile e nel tempo si è persa  così è morto prima il canto e poi la musica...

FUORI DAL TEMPO

  Amo chi è fuori dal tempo come il fiore che sboccia in inverno  muore nel prossimo gelo commuove col suo debole stelo.

Notturno per luna e venere.

 

Stelle

 

Specchio

 

Velocità

  Velocità che deformi le cose, rapidità che trasformi le forme, sfrecciante acciaio scintillante che ti fai linea sfocata negli occhi di chi guarda la vita passare. Copyright © scritto da martinedenbg

La finestra verde.

 

DEVIAZONE (6) LA SECONDA NOTTE

  Il suolo del sentiero che lo portava dalla sua dimora sotterranea nel fitto del bosco era un tappeto autunnale di foglie cadute miste a terra e pozze d’acqua, così che la pianta dei piedi affondava ad ogni passo in un’umida orma fangosa. L’incedere su quel terreno, innaturale rispetto alle abituali distese di asfalto, ma perfettamente normale in un ambiente incontaminato era ancora goffo e instabile. Il fatto di dover di nuovo imparare a camminare, e poi a correre, aggiungeva senso alla rinascita che stava affrontando. Pensava proprio a questo mentre sgraziato cercava di mantenere l’equilibrio su quella morbida ma infida superficie. La palingenesi del sé era totalizzante. Vivere nudi, dormire il giorno e stare svegli di notte, procacciarsi l’acqua da pozze putride, cercare di sopravvivere come un animale abbandonato in un ambiente sconosciuto, erano prove di puro istinto di sopravvivenza e tutto quello che era stato prima, tutte le abilità apprese nel corso della sua vita si rive...

DEVIAZIONE (5) L’INIZIO DELLA SECONDA NOTTE

 La lingua colpiva appena sotto il pelo dell’acqua, poi si fletteva all’indietro nella bocca come fanno i cani per bere. Prono sul terreno gattonava come un infante, passando da una pozza d’acqua all’altra delle tante che si formavano nella sua stanza naturale. Quel buco circolare eletto ormai a sua dimora, per forza di gravità era il punto di arrivo di rigagnoli piovani e di ogni sorta di allagamenti, tanti abbeveratoi che spuntavano da sotto il pavimento di foglie cadute. Limacciosa, torbida, impura, condita di terra e uova d’insetti, la liquida mistura che ingeriva, venefica e salvifica ad un tempo, scendeva dalla gola lungo l’esofago fino a riempire lo stomaco ormai ridotto dal troppo digiuno, ad una sacca sgonfia e contratta dove i succhi gastrici reclamavano cibo solido da digerire. Dopo aver bevuto in quel modo per almeno un’ora, cominciava ad avvertire una sensazione d'idratazione invadere ogni fibra e muscolo, ricavandone un’energia vitale per affrontare la sua giornata ch...

DEVIAZIONE (4) L’INCUBO

Il corpo disteso e coperto da foglie e terriccio, nel dormire sprofondato, accoglieva la carezza del lieve movimento d’aria, tiepido e leggiadro come quel dolce oblio sonnolento che aveva interrotto i suoi patimenti. In quel dormire così soave, mente e corpo, istinto e ragione, fino a poco prima completamente sconnessi, si abbracciavano in lui nel riposo diurno. Intorno alle sei del pomeriggio, dopo quasi otto ore nella dimensione dell’assenza totale di coscienza del sé, pur continuando a dormire, un incubo arrivava a turbare quel respiro regolare di metronomo ad aria. Lui era un pupazzo bianco con le fattezze da uomo adulto ad una dimensione, come fatto di un foglio bianco ritagliato e aveva sotto i piedi la scritta papà. Era di fronte alla finestra del soggiorno di casa, e sentiva tutta quella inconsistenza di uomo ritagliato di carta che oscilla e barcolla e fatica a tenere in piedi il suo corpo piatto e senza profondità. In più, la scritta “papà”, che spiccava alla fine dei piedi, ...

DEVIAZIONE (3) IL PRIMO GIORNO

  Il lento dissolversi della notte lasciava il passo alla luce dorata del crepuscolo mattutino.  L’orizzonte si dipingeva di raggi solari timidi, fari vacui che dal basso salivano incerti ad annunciare il nuovo giorno. L’umidità adagiata e galleggiante sul basso, a quei primi vagiti di sole saliva in banchi di nebbia, scivolando lungo i tronchi e poi sulle chiome degli alberi fino a scomparire nella libera e vasta aria del cielo. Il giorno, a differenza degli altri giorni della sua vita, quel giorno diverso da tutti gli altri, era un invito a stendersi e non il solito monito a scattare in piedi, lanciato da una fionda crudele chiamata dovere, in una corsa a tappe lungo la solita “via crucis” quotidiana. Parimenti, la notte passata a muoversi nervoso tra l’alieno buio dell’aria libera da tetti umani, era trascorsa nel moto contrario: non dormiente ma sveglio e senza l’onirica consolazione di essere un altro, condizione che sovente l’inconscio regala nel sonno di un uomo qualunq...

DEVIAZIONE (2) LA PRIMA NOTTE

Il manto nero della notte copriva il bosco ai margini della città. Tutto sprofondava nell’oscurità umida e fredda, spugnosa e adesiva, adagiata sugli alberi, i rami, l’erba, la terra, le piume dei volatili notturni e i manti fulvi delle volpi. I cinghiali intenti a cercare il cibo, grufolando tra le piante spinose, le più inaccessibili agli altri, emettevano grugniti che in quel silenzio parevano ruggiti di grossi felini. La pelle, come tutto ciò che lo circondava, indossava quell’involucro d’invisibile rugiada e solo un vestito di freddo bagnato la ricopriva. Il corpo nudo e tremante, reclamava gli abiti lasciati sul confine tra il mondo che aveva conosciuto e l’ignoto, quell’ultimo lembo d’asfalto da dove si era lanciato in un tuffo orizzontale nell’acqua verde del bosco. E proprio come nel tuffo si cambia improvvisamente elemento, dall’aria all’acqua in un istante, precipitando dal vuoto al pieno liquido che tutto avvolge, in lui era dominante l’impressione di aver mutato am...

DEVIAZIONE (1) IL BIVIO

  Era l’ora dell’orizzonte che si faceva culla, luce che declinava in un sole assonnato e sognante, come una sfera di fuoco che da cerchio abbacinante perfetto tramutava in sgonfia sagoma di pallone bucato. Avanzava con passo regolare nonostante il terreno sconnesso e si stupiva, sorpreso dal suo stupore, di quella visone d’astro morente. Quel giorno era un giorno qualsiasi e quel pomeriggio, in egual misura, era il solito granello di sabbia che cadeva accorciando la sua vita, precipitando dall’alto del tempo da vivere al basso di quello vissuto, in una clessidra implacabile come la forza di gravità che lo schiacciava alle cose terrene.    Nulla faceva presagire quel camminare ostinato e al contempo leggero, che lo conduceva fuori da tutto ciò che era terreno artificiale di cemento e plastiche e strade partorite da macchine roboanti, nauseabonde come l’odore della tristezza che emanava dalla sua epidermide sfiorita. Dure lingue d’asfalto calpestate per anni senza un...

LA FOLLA

 La folla entra la folla esce, la linea gialla è una barriera invisibile. La folla sale la folla scende, la gomma della scala meccanica scorre per sempre. La folla è ferma la folla si muove, la voce metallica cala sentenze non si sa da dove. La folla ondeggia la folla serpeggia, un pazzo urla anatemi. La folla sussulta la folla guarda nel buio, una luce e un rumore piccoli diventano grandissimi. La folla freme la folla ondeggia, la metropolitana arriva col suo stridore di ferro su ferro. La folla mi spinge la folla mi trascina, il vagone ci accoglie come una bara per i sogni. La folla si schiaccia la folla si assesta, ora sono il pezzo di un corpo fatto di cento teste. La folla si trasforma la folla si fa organismo, ora sono una cellula di un corpo unico. La folla perde l’equilibrio la folla si appiglia, la frenata improvvisa mi scuote dal torpore dell’incastro. La folla si srotola la folla si smonta, le porte si aprono e pezzi di umani scendono alla fermata. ...

L'INDIFFERENZA DEL LAGO

La bellezza delle nuvole all'imbrunire, il sole illumina di una fioca luce l'orizzonte a salutare il giorno, la luna appare discreta in attesa di splendere con l'avanzare della notte, il lago immutabile accoglie da sempre il ciclo della natura così fermo e indifferente alle miserabili vicende umane. Copyright © scritto e fotografato da martinedenbg

LE GUERRE DEGLI ALTRI

 Prova a immaginare di essere nato nel posto giusto e al momento giusto della storia, e in effetti è proprio così.  In un giorno di festa il bel suono felice delle forchette sui piatti, la tavola apparecchiata con amore e il vapore profumato del cibo che si diffonde nella stanza. Il caldo abbraccio delle persone che ami sedute accanto a te, sorridenti, bellissime di giovinezza e radiose di vecchiaia.  I tuoi genitori che hai imparato a perdonare e i figli, piccoli maestri di felicità, con le gambe dondolanti che non toccano ancora il pavimento.  Tu, ora, nell'età di mezzo, dove non sei vecchio né giovane: un ponte tra chi hai e ti ha generato dove passano tutti i ricordi, come piccoli viandanti in fila per passare sulla valle dei rimpianti.  Sei lì seduto a mangiare e guardi le tue radici dai capelli bianchi, perso nel passato. Poi, spostando lo sguardo di qualche centimetro, osservi i frutti della tua passione, smarrito nel futuro dell'imprevedibile.  Sei ...

GENERAZIONI

 

IL BORGO

 

IL FASCINO DEL LAGO

 

RITRATTO

 

LUCE SU SCALA MOBILE

 

LA TERRA DEI “SENZA SENSI SENZA UN SENSO”

  Vide solo bianco all'improvviso niente più colori neanche il nero ad occhi chiusi solo bianco precipitato da un cielo plumbeo fin dentro la spuma delle onde in tempesta  in un batter di ciglia si trovò nella terra dei senza sensi senza un senso laddove vagavano tutti smarriti e caracollanti incespicando sui passi che non sembravano toccare terra bianco nelle palpebre in un silenzio bianco perché non c’era udito in quel mondo bianco nelle pupille in assenza di pelle perché non c’era tatto in quel posto  bianco nei pensieri diventati anch’essi bianchi perché non c’era immaginazione in quella dimensione bianco nell’anima priva di colori come di emozioni solo bianche in una tela mai dipinta perché non c’era amore in quel luogo  così visse nella terra dei “senza sensi senza un senso” di giorno camminando sugli eterni ghiacci così visse nella terra dei “senza sensi senza un senso” di notte vegliando sulla tomba del suo sonno perpetuo. Copyright © scritto da martinedenbg

IL SENZA TETTO

Sono qui  solo da ore giorni anni e per sempre  muto ma con la voce cieco ma con gli occhi paralizzato ma con le gambe atterrito annichilito cacciato in una bolla di vuoto ostracizzato dalle regole buttato in una cella senza sbarre reo di nulla innocente per tutto assolto da nessuno redento senza una benedizione vivente privato dall'estrema unzione monito per i passanti orrore dei benpensanti ologramma con l'odore  un fantasma che prova dolore il peggiore di tutti gli angeli il migliore di tutti i diavoli il disperso più visibile in una tempesta  smaterializzato mentre gli atri facevano festa nido per i pidocchi sulla mia testa  il caldo mefitico che sale dal sottosuolo il calcio in faccia nella notte dal poco di buono. Copyright © scritto da martinedenbg

OMNIA VINCIT AMOR

 

DALLA RACCOLTA “RACCONTI DI UN CINICO”: Il Viaggio in metro"

La scala mobile continua a scendere nelle viscere di fango, sabbia, pietre, topi, fogne, tubi, cavi, ossa e vermi ciechi divoratori di carcasse interrate.  Entro nel treno, trovo uno spazio dove proteggermi dagli altri, e come sempre la sensazione di un tempo rallentato rispetto a quello che scorre in superficie mi percuote le sinapsi.  Devo ancora riavermi dai tormenti della notte insonne, colma di incubi alternati a sogni di una vita migliore, e così stordito e privo di lucidità sono costretto a stare in questo budello scavato nelle profondità terrestri. Devo ancora tornare in me dalla tortura di una notte agitata, piena di risvegli e affanni, e così annichilito e scosso, incredibile a dirsi, sono forzato addirittura a viaggiare dentro questo intestino urbano, a bordo di un treno così vecchio da sembrare una scatola di ferro sferragliante di ruote rotolanti montate a caso da un maldestro saldatore.   Così messo, come se non bastasse già la pena di dover stare sotto...

UNA CANZONE: E SARÀ VERO.

  Anche se è finita o durerà tutta la vita come fare a rinunciare a veleggiare in questo mare. Così tempestoso. Anche se domani non vorrai stringermi le mani io le tenderò lo stesso  perché il cuore lì mi ha messo. E sarò vero. Anche se ti amo e più insieme noi non stiamo  ci diciamo che ci amiamo  ma da soli camminiamo. E sarò perso. Forse un giorno torneremo  a guardar l'arcobaleno  uno squarcio di sereno in quel cielo nero nero nero. E sarà un sogno. Voglio con te tornare a guardare  quelle lucciole  in una sera d'estate. E sarà vero. Copyright © scritto da martinedenbg

IL VIAGGIO IMMAGINATO