Fu il tempo del corpo merce, corporeità agglomerata, carnalità concentrata, moneta spremuta da umane membra, fatica dei tanti e ricchezza di pochi. Tutto al ritmo della macchina fabbrica, da miliardi di tasche sudate, corpi su corpi ovunque, braccia e nuvole di terra, mani e miasmi di fabbrica, cubicoli di cemento riempiti da respiri domestici e molle di materassi cigolanti nel fugace piacere notturno. La penna del bottegaio raglia sul libro nero dei crediti, la puntina solca il vinile per la musica della domenica e l’odore della cera sui pavimenti si sparge nel giorno della festa. Fu poi il tempo del corpo immagine, corporeità ostentata, carnalità brandizzata, moneta spremuta dal logo sui tessuti, fatica dei tanti nelle periferie del mondo e ricchezza di pochi nelle capitali dell'Impero d'occidente. Al ritmo della macchina che cuce, in sotterranei insalubri le formiche alacri costruiscono membrane tessuti, che navigheranno gli oceani per trasformare l’umano in pubblicitario...